Ed ecco il mio messaggio di speranza per questa tragica avventura: ANDRÀ TUTTO BENE.
Dobbiamo sostenerci in tutti i modi per scacciare l’angoscia che ci attanaglia vedendo i drammatici servizi in TV, leggendo le storie di questi eroi, infermieri, medici, volontari, che lavorano instancabilmente, generosamente, non sempre pagati nella maniera adeguata…
Questo evento ci sta insegnando molte cose, stiamo riscoprendo una solidarietà troppo sovente accantonata in favore degli interessi personali che ora ci appaiono così superficiali, così inutili, così biechi. Inoltre l’unità nazionale che generalmente riserviamo solo nei momenti dei mondiali di calcio è un altro di quegli aspetti che ci sta scaldando il cuore, che ci riscopre fratelli, che ci consola, che ci inorgogliosisce.
Noi italiani, nel mondo del lavoro, siamo sempre così protesi verso un’esterofilia a mio giudizio talvolta immotivata, come mi è capitato di osservare in tutti questi anni di stampa dei biglietti da visita in cui sotto il nome e cognome si mette sempre la “job title” (qualifica) rigorosamente in inglese, perché alle nostre italiche orecchie risuona con maggior lustro, la competenza in lingua anglosassone appare più referenziata. Questo è comprensibile per le aziende che lavorano con i Paesi stranieri in cui la lingua di riferimento è l’inglese, ma vi assicuro, che mi è capitato di produrre bigliettini per aziende con un giro d’affari molto strettamente territoriale che però amavano fregiarsi di questi piccoli vezzi che, bisogna riconoscerlo, nei confronti dei clienti comunque funzionano.
A questo punto viene voglia di sentire Tu vo’ fa l’americano, ma sei nato in Italy.